giovedì 3 maggio 2012

Pubblicità regresso: strategie di persuasione legate all'alimetazione



Il cibo ha da sempre influenzato la vita dell’uomo, ma a partire dagli anni ‘50 è diventato un vero e proprio business; l’elemento che ne costituisce la cinghia di trasmissione di un nuovo approccio alla comunicazione di beni e prodotti è certamente la televisione. La nascita di quest’ultima segna anche l’avanzare dell’industria pubblicitaria moderna avente un raggio d’azione sconfinato, per la quantità enorme di messaggi che diffonde ovunque attraverso ogni mezzo utile, e smisurato, per gli effetti che produce. La pubblicità rinforza selettivamente valori che possono essere comunicati facilmente e legati ai prodotti, mentre trascura la promozione di valori di più elevato ordine morale; promuove il materialismo come mezzo per raggiungere la felicità.   Vuoi saperne di più?! Leggi il blog!

di Valeria Faso & Valeria Calantoni



  
Negli stati più evoluti (e l'Italia è fra questi) esistono organi di controllo che vigilano sul fatto che l'ignaro consumatore possa essere danneggiato dalla pubblicità ingannevole, ma solo una percentuale minima di pubblicità sono tali, la maggior parte si serve di una generica e parziale informazione piena di ambiguità. Cioè si dicono (poche) cose esatte, ma sfumate, così che il consumatore sia indotto a pensare mirabilie. Prendiamo per esempio la pubblicità di prodotti identificati da uno o più di questi aggettivi:
  • ·        genuino 
  • ·        fatto come lo faceva la nonna
  • ·        dietetico
  • ·        light

In una buona parte dei casi, l’aggettivo è usato in maniera scorretta. Prendiamo ad esempio “genuino”. Secondo quanto riportato nel dizionario curato da Sabatini e Coletti si definisce “genuino” un qualsiasi prodotto "che non ha subito adulterazioni, sofisticazioni". Provate a controllare la lista degli ingredienti riportata nelle etichette nel retro delle confezioni… quali non contengono additivi chimici? Ahimè la lista sarebbe davvero breve!


E riguardo all’espressione “fatti come li faceva la nonna” non mi risulta che la nonna avesse a disposizione e usasse almeno la metà degli ingredienti con cui è stato preparato il prodotto che avete sotto mano. Per non parlare del termine dietetico! Viene sempre usato con il significato fuorviante di "salutare". Molti prodotti light, non lo sono affatto, ma la dizione è usata per indicare una versione più leggera, ma comunque sempre ipercalorica, di un prodotto con un alto contributo di calorie. Un esempio di tutto questo è rappresentato dai prodotti Mulino Bianco; cosa pensate guardando questa foto? L’immagine si commenta da sola!



Andiamo avanti. Se apriamo il dizionario e cerchiamo la definizione di persuadere, viene fuori: “suscitare l'approvazione, soddisfare qualcuno, tranquillizzare qualcuno suscitando la sua fiducia, convincere qualcuno di qualcosa” … non potete negare che non vi faccia pensare proprio alla pubblicità! Con la persuasione si tenta quindi di influenzare il comportamento dell’ascoltatore o del consumatore con l’ausilio di una serie di armi psicologiche. Alcune strategie persuasive possono essere basate su alcuni fattori:


·        la reciprocità: si basa sulla regola del contraccambio e, in ambito commerciale è utilizzata sotto la forma tipica della pratica del campione gratuito. In definitiva si cerca di attivare il processo "mi hai dato qualcosa, ti devo qualcosa" che induce spesso i consumatori all’acquisto.
·        la simpatia: è la strategia del testimonial. Essere belli o simpatici (ma soprattutto con una voce e uno stile riconoscibile nel caso di una pubblicità radiofonica) rassicura gli ascoltatori /consumatori sulla bontà del prodotto, servizio o opinione promossa nello spot.
·        l’autorità: è la strategia del testimonial altamente professionalizzato. L’uso di questa strategia è tipico nel caso di prodotti farmaceutici o che hanno a che fare con l’igiene della persona (siamo invasi da dentisti/attori che ci consigliano dentifrici).
·        la scarsità: qui la leva agisce sulla limitata disponibilità di un bene o sulla durata di un’offerta eccezionale. Insomma l’ascoltatore “non deve perdere l’occasione”.


La strategia prevalente però è quasi sempre stata quella di associare ai prodotti stimoli positivi come la bellezza, il calore familiare, i buoni sentimenti. Il motivo è che si attua un trasferimento connotativo che consiste nell’associare ad un prodotto un significato positivo, come la bellezza, il successo, il calore familiare in modo che questi vengano riferiti al prodotto stesso.
Tuttavia, da qualche tempo, si intravedono segnali di cambiamento: alla simpatica nonna dei “Quattro salti in padella” che mangia la porzione del suo nipotino si contrappongono le donne aggressive e sempre più arrabbiate della Breil. Violenza, cattiveria, bruttezza hanno quindi invaso il mondo della pubblicità, e tutto ciò sembra contrastare con qualsiasi strategia pubblicitaria. Cosa sta a significare questa nuova tendenza? Perché per persuadere il consumatore si fa ricorso a modelli negativi? È forse lo specchio di una nuova cultura più violenta e cattiva?

1 commento:

  1. A scuola, all’interno del progetto “Oscar” abbiamo letto con la professoressa di lettere Emilia Gagliano, una serie d’articoli sull’alimentazione e di come sia cambiata rispetto al passato.
    Discutendo su come noi ragazzi ci alimentiamo, ci siamo resi conto che spesso mangiamo in modo scorretto a discapito della nostra salute, preferendo dolciumi, insaccati, frittura, merendine a frutta e verdura ed altri cibi sani.
    Analizzando i vari motivi che c’inducono ad alimentarci così, ci siamo resi conto di come la pubblicità condiziona i nostri gusti.
    La pubblicità, è un fenomeno del tutto moderno, specifico delle società industrializzate in cui occorre stimolare la domanda dei prodotti e dei consumi. Di conseguenza essa è un complesso di tecniche che inducono individui a preferire un prodotto anziché un altro. Iniziando ad osservare la pubblicità in maniera più attenta ci siamo resi conto di come il messaggio pubblicitario presenti il prodotto sotto l’aspetto migliore per convincersi sui suoi pregi e renderlo così desiderabile a prescindere dalle sue qualità reali.
    La continua e incessante opera di persuasione avviene attraverso slogan suadenti che condizionano i nostri reali bisogni.
    Abbiamo notato, come gli slogan pubblicitari si servano di stimoli visivi e di tecniche raffinate per far presa sul consumatore. Per esempio, una nota marca pubblicitaria di merendine e biscotti presenta i suoi prodotti sempre all’interno di famiglie felici, in ambienti confortevoli e luminosi, insinuando l’illusione che con il loro consumo si possa raggiungere quella serenità.
    Dei prodotti alimentari pubblicizzati, vengono spesso anche esaltati, gli aspetti legati ad una cultura contadina che ormai vive solo nel ricordo collettivo del consumatore.
    Un altro aspetto importante che i pubblicitari tengono molto in considerazione è l’uso dei colori dei prodotti che si vogliono propagandare: le confezioni sono molto piacevoli a vedersi caratterizzati da colori vivaci come rosso e giallo che visti stimolano l’appetito.
    Un discorso a parte, sono le pubblicità dei bambini; le aziende utilizzano immagini e gadget dei personaggi più amati dal mondo infantile per sollecitare le vendite.
    Una ricerca condotta dagli studiosi della “University of Pennsylvania” ha messo in evidenza che la pubblicità condiziona così tanto i bambini da alterarne il gusto.
    È stato analizzato un campione di ottanta bambini di quattro-sei anni; ai piccoli sono stati offerti gli stessi fiocchi di cereali contenuti in due confezioni diverse, una decorata con gli idoli dei cartoni, l’altra senza disegni, tutti i bambini hanno affermato di trovare più gustosi i cereali della scatola sponsorizzata.
    Spesso siamo bombardati da messaggi contrastanti, se da un lato in tv sentiamo parlare delle abitudini sbagliate che noi giovani abbiamo, e di cibi sani da consumare; subito dopo un messaggio pubblicitario ribalta quello che è stato proposto prima, proponendo al consumatore una delle tante merendine che viene subito la voglia di provarle.
    Quindi, spesso ci ritroviamo ad essere pedine della pubblicità. Ci auguriamo che per primi noi,che abbiamo scritto questo articolo riusciremo un giorno a non farci più condizionare dagli slogan, acquistando i prodotti che realmente desideriamo e non più quelli che ci danno l’illusione di compiere scelte indipendenti!

    IIA I.I.E. Nicolò Palmeri 2011/2012

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